Il gallese Terry Jones, scomparso ieri a Londra dopo una lunga malattia che lo aveva ridotto all’afasia primaria fin dal 2016, fa parte di quei giganti della creazione artistica che il grande pubblico conosce più per le loro opere che per il nome; salvo riconoscerli non appena il loro volto (cui non sanno dare un nome) appare sul grande o piccolo schermo. Dire Terry Jones infatti vuol dire Monty Python; il suo lavoro segna in modo indelebile una generazione inglese che ha cambiato la faccia del paese e ha spalancato le porte dell’arte al teatro dell’assurdo in chiave comica.
Cultura dal Mondo
"Adescava le sue vittime facendo balenare il miraggio di un futuro nel cinema, poi le continuava a seguire, esercitando influenza per prevenire denunce": questa la tesi della procura di New York al processo contro Harvey Weinstein, entrato oggi nel vivo a New York. Due anni dopo lo scandalo che ne ha travolto la carriera, l'ex "re di Hollywood" è da oggi sul banco degli imputati nel primo processo dell'epoca di #MeToo e il secondo, dopo quello contro Bill Cosby, che potrebbe vedere un titano dell'entertainment finire in galera per il resto dei suoi giorni per molestie sessuali e stupri.
Nel suo ultimo romanzo (I colori delle stelle, uscito nel 2018 per Solferino, arrivato alla terza edizione, con una edizione tascabile in arrivo per settembre) aveva raccontato «l’avventura di van Gogh e Gauguin» ovvero i due mesi che Vincent (van Gogh) e Paul (Gauguin) avevano vissuto insieme nella Casa Gialla, ad Arles, dal 23 ottobre al 23 dicembre 1888, «tra i momenti più intensi e decisivi dell’intera storia dell’arte». Nel prossimo (Canto di un pittore nei campi di grano, in uscita anch’esso per settembre ancora per Solferino) racconterà invece «in prima persona» gli ultimi 70 giorni di vita di van Gogh a Auvers-sur-Oise, a nord di Parigi.