Orlandino Greco (Idm): "L’unione istituzionale del Sud per il Recovery Plan"

Orlandino Greco (Idm): "L’unione istituzionale del Sud per il Recovery Plan"

"In queste ultime settimane, alle porte della definizione del recovery plan italiano, si è riaperto con forza il dibattito sulla distanza tra nord e sud del Paese e sulla necessità di un nuovo meridionalismo. In particolare le riflessioni di Claudio Signorile ed Ettore Jorio evidenziano quanto sia indispensabile che il Meridione si presenti unito all’appuntamento straordinario di riprogrammazione europea. Presentarsi da soli, ricercando misure esclusive, che guardino ad interessi di parte senza una visione complessiva porterebbe all’ennesimo elenco includente di richieste eterogenee che da sempre ha contraddistinto la programmazione governativa in tema di superamento del gap tra nord e sud del paese."

E' quanto scrive in una nota il leader di Idm, Orlandino Greco. "Ecco perché occorre arrivare uniti sul piano istituzionale e politico, superando schemi partitici e lotte di potere per il potere. Vado oltre. I luoghi delle regioni del Meridione reclamano un'identità senza rivendicazioni nostalgiche, lontani da "questione meridionale" e da forme d'industrializzazione che fin qui hanno distrutto la ricchezza umana e la bellezza naturale. Ecco perché credo necessaria e irrinunciabile l’urgenza di un’unione istituzionale delle Regioni del sud con l’obiettivo di definire risposte e soluzioni su piani e strategie d’ampio respiro. Solo l’unione delle regioni del Meridione, l’Unione delle autonomie dei territori, può rafforzare, rilanciare, promuovere e rinsaldare l’immagine stessa dell'Unione Europea."

"L’Italia, per la sua configurazione geografica, è come il ponte tra l’Europa e il Mediterraneo e le regioni del Meridione sono la porta di accesso a nuove prospettive di sviluppo. I dati sull’ultimo decennio sul Meridione mostrano quanto si sia allargato lo scarto tra quanto programmato dai vari governi italiani e quanto realizzato sui territori. Considerando i soli fondi comunitari si può stimare che essi siano stati utilizzati per evitare una prolungata recessione del Meridione, ma che non siano mai stati determinanti per risollevarne le sorti. Ci sono state differenze essenziali tra le politiche realizzate al sud e quelle del centro nord: nelle regioni del Meridione ci sono stati meno investimenti nel settore dei trasporti, delle infrastrutture sociali, delle città, dei servizi alle persone, dei rifiuti e dell'energia."

"Come se non bastasse, ciò che ha contraddistinto negativamente le politiche legate ai finanziamenti europei sono senza dubbio i tempi di attuazione. Molti degli interventi decisi alla fine degli anni novanta sono ancora in lavorazione. Lungaggini burocratiche, incapacità gestionale e vincoli imposti dal patto di stabilità interno per gli enti locali, hanno di fatto immobilizzato i progetti legati alla programmazione europea. Immobilismo che ha favorito nel tempo l'uso sproporzionato dei cosiddetti “progetti retrospettivi”, una strategia contabile che consente di rendicontare interventi già realizzati, senza contribuire a realizzare progetti per il futuro."

"E' il paradosso che diventa consuetudine: in una terra affamata di futuro, si finanziano progetti del passato. Senza considerare poi i vari spostamenti di risorse per finanziare interventi come l'estensione della cassa integrazione o l'abbattimento Ici sulla prima casa. Provvedimenti che hanno generato spesa senza creare sviluppo. Il Meridione è rimasto schiacciato dai localismi, spesso tramutatisi in clientelismi e corruttela, dai vincoli burocratici e dall'inadeguatezza della classe dirigente. Ma da questa analisi spietata (che meriterebbe ulteriori approfondimenti), è indispensabile ripartire per scrivere la nuova storia delle regioni del Sud."

"L'Italia riparte solo attraverso la crescita e lo sviluppo delle regioni del Meridione. Lo sappiamo. Lo sa anche il Governo attuale che porta attenzione nuova sulla “questione meridionale”, ma noi meridionali siamo consapevoli di non essere una “questione”, ma una soluzione alla “questione italiana”. Ecco perché si rende indispensabile che l’agenda del governo, il Recovery Plan, venga scritto dai territori e non dal centro, dalle Regioni, dalle province e i dai comuni. Si tratta quindi di invertire una rotta centralista che per decenni ha determinato politiche di sottosviluppo incoerenti rispetto alle vocazioni dei territori."

"Non si tratta di esportare modelli già attuati altrove, ma di proporne di innovativi, che valorizzino i territori e le comunità e che consentano una riunificazione infrastrutturale tra le due Italie materiali (alta velocità, viabilità, reti idriche e fognarie) e immateriali (banda ultra larga). Perequazione infrastrutturale che trova nella realizzazione del Ponte sullo Stretto l’emblema della rinascita e di una svolta storica del nostro Paese. Un tema, quello delle infrastrutture che si lega inevitabilmente alla necessità di una fiscalità di vantaggio per le regioni meridionali così da recuperare il breve tempo il gap a livello economico e d’investimenti con il nord, diventando polo di attrazione di capitali che genererebbero sviluppo e quindi occupazione."

"Oggi tocca alle regioni meridionali scrivere il futuro del Paese, partendo dal sud. Senza secessioni, né rivendicazioni, ma partendo da un’unione istituzionale che veda finalmente le autonomie del sud unite e protagoniste nello scenario italiano ed europeo. In questa sfida, che dovrà necessariamente coinvolgere tutti i movimenti territoriali del sud che credono nell’autonomia, l’Italia del Meridione, movimento politico che mi onoro di rappresentare, sarà in prima linea con grande disponibilità di ascolto e coinvolgimento."

 

 


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