Sara Maria Serafini, Quando una donna

Sara Maria Serafini, Quando una donna

Nonostante nella prima parte della mia vita io abbia letto molti libri scritti da donne, negli ultimi trent’anni confesso d’aver privilegiato la voce degli scrittori, per maggior bisogno di complementarietà. Attualmente su dieci libri nuovi che entrano nella mia libreria, in media solo tre sono frutto d’ingegno femminile. Tuttavia, ci sono scrittrici delle quali non perderei un solo rigo: Sara Maria Serafini è una di loro. E vi spiego perché.

L’invito alla presentazione del suo romanzo d’esordio m’è arrivato in un periodo in cui avevo molto da leggere in poco tempo. Così il mio primo incontro con questo romanzo è stato solo un’incursione veloce tra le pagine d’una bella storia d’amicizia tra quattro donne, diverse e diversamente sole: due che si conoscono da sempre, Claudia e Gioia, una che viene e torna da lontano, Anika ed un’ultima che, come l’Aurora, arriva dopo una lunga notte. Sullo sfondo, altre donne: madri, sorelle, estranee. Ed il tema della maternità, all’apparenza, è quello declinato a più voci, in un racconto gradevole, intenso, coraggioso.

Si, ad una prima lettura questo romanzo rilascia il gusto amaro del coraggio antico delle donne di dire di no alle attese ed alle pretese del mondo. In modo particolare a tutto ciò che ha a che fare con la sopravvivenza della specie, la generatività del corpo femminile, il mito della maternità a tutti i costi.

In realtà, rileggendolo con la dovuta calma, si comprende che questo è un romanzo sulle relazioni di cura: amicale, professionale, genitoriale, coniugale e parla anche di uomini e di paternità desiderate, realizzate e negate, di legami intergenerazionali insani e dolorosi, ma anche così forti da non aver più niente da dire e da dare e di custodie, riuscite e mancate, di spiragli appena accennati a mondi interiori sorprendentemente simili tra individui totalmente diversi. E di cura dei luoghi, dei territori abitati, descritti, sognati.

“C’è una parte di vita che viene prima della sbarra, una vita in cui tutto può ancora accadere, e poi c’è la vita dopo.” Ecco, se si potesse descrivere con una metafora, io direi che “Quando una donna” è una sbarra, che s’alza quando il lettore ormai l’ha fatto suo e può solo decidere se desidera proseguire o no, pur conscio che ormai ciò che ha dentro sarà per sempre.

È una sbarra metafora di tutte le scelte possibili nel quotidiano: essere una segretaria d’uno studio medico asettica come un bisturi nuovo o una donna capace di coniugare riserbo e tenera gentilezza nell’incontro col paziente, ad esempio. Ma anche una amica che tiene per sè un dono scelto con cura quando sente che potrebbe diventare un cappio alla libertà dell’altro, o un uomo che prende in braccio una bimba non sua per attraversare una spiaggia sporca o una madre che potrebbe custodire con amore neutro chi non è più figlia e non sarà mai madre.

“Col tempo e la felicità, gli angoli [del suo corpo] si sono riempiti di carne, trasformandosi in superfici morbide su cui atterrare senza farsi male”. Tutta la potenza del romanzo è per me in questa frase: nel rapporto con noi stessi e gli altri si può riuscire ad aver cura di custodire i vuoti senza pretendere di riempirli a piacere, perché possano essere pronti quando ci sarà il bene di cui far provvista per il lungo inverno della vita.

Ma tutte queste buone ragioni non valgono l’unica che rende prezioso lo scritto della Serafini: uno stile pittorico puntiforme, asciutto e didascalico come certa buona scrittura di fine anni settanta, rivisitata con gusto ed equilibrio in un linguaggio semplice, con periodi brevi e chicche di pura, scientifica, musica letteraria.

Quando una donna scrive che è un piacere leggerla.

 

Loredana Gaudio

 

Sara Maria Serafini, Quando una donna, Morellini Editore, 2019

 

 

 


Stampa   Email