Configurazione Tundra di Elena Giorgiana Mirabelli

Configurazione Tundra di Elena Giorgiana Mirabelli

Un viaggio distopico nelle mappe (im)possibili della felicità. Configurazione Tundra è il titolo del primo romanzo di Elena Giorgiana Mirabelli, selezionato tra i dieci candidati al Premio Sila 2020. L'ho acquistato appena è uscito e l'ho sbranato con la passione di chi vuol bene all'autore e sta già a posto così. Poi l'ho riletto come si fa con un romanzo: con calma, ma una calma pandemica e mi sono persa.

Cioè ho perso il mio spazio ed il mio tempo e sono entrata in Tundra con Diana, la protagonista, al punto da percepire la presenza, nel terzo scaffale a destra della mia libreria, come tra i volumi dal dorso morbido, della rigida bibliografia di Marta Fiani, che Tundra, modello di città e di vita futura, l'ha voluta, pensata, creata. M'era già accaduto: di entrare nella Solaria di Asimov, con Daneel, ad esempio, o nella Casa infestata di Bradbury, con Timothy; la fantascienza vira spesso verso la distopia, raramente è utopica.

Tuttavia Configurazione Tundra non ha legami con la fantascienza: teoricamente è un mondo che potrebbe essere calato in ogni tempo, da subito. Era necessario quindi leggerlo per la terza volta, come accade ai libri che sento hanno sempre qualcosa di nuovo da dirmi e da darmi, prima di riporlo nella libreria alta dove sono i più belli e recenti.

Sono rientrata in Tundra, da sola. L'ho annusata come un neonato, esplorata e custodita. Non mi sono persa, ma ritrovata. Tundra è un sistema di vita, un altrove qualunque, con arredi Ikea, ordinario, quotidiano. Percorrendolo si segue un analogo cammino dentro se, come rivisitando un posto noto, con nuovi paradigmi. Non si percepisce miseria od opulenza, né il degrado della malattia, né la delicatezza omosessuale.

Non ci sono animali che permettano di esercitare il potere dello scarto filogenetico: si diventa gatti, aquile e serpenti lungo muri bianchi di regressione ancestrale, senza averne coscienza. Non ci sono disturbi in Tundra, ad eccezione di una ferita iniziale, un rapimento, uno strappo, descritto con poche righe, che lacera tutto il non tempo ed il non spazio di Tundra ed è l'unico vero grido dell'intero romanzo, pur a personaggio principale muto.

Non c'è morte, non penetra carne nella carne, né sentimenti che devino il cammino. Il sesso è altrove, oltre il piacere, oltre i corpi funzionali. Permea un vuoto sessuale nel Giardino, uno degli spazi più frequentati di Tundra, che non ha più la selvatica e feconda bellezza dell'Eden. Anche il controllo dell'individuo da parte del potere, la repressione, la manipolazione sono sfocate, come le cose cui ci si abitua, indifferenti a se stessi più che al mondo intorno.

Si può scegliere, in Tundra, di rimanere feti adulti o disfarsi come tutto ciò che muta. "Voglio che tu sia felice. Ti permetterò di sottrarti alla schiavitù del Tempo." dice Marta, la madre alla figlia Lea. E se lo ripete Diana, che di Lea ha preso il posto in quella che era stata la sua casa. Può non aver posto il tempo nella felicità?

A volte è importante stare scomodi, forse più che essere felici: trovare la capacità residua del sé, senza conforto, recuperando ogni frammento per ricomporsi quanto più possibile integri, accettando anche che qualcosa manchi. Che ad essere felici siamo capaci tutti, è la miseria delle nostre fragilità che ha bisogno di cure. Come quando sembra che non ci sia possibilità di un altrove. Perché non c'è davvero.

A volte è importante perdersi sapendo di perdere, violare la regole, lasciare il segno in un altrove che abita l'altro, con cui entriamo in relazione casuale, ma da cui, se non restiamo, andiamo via per scelta. Tundra è una catarsi in cui chiunque può ritrovare, tra le sue distopie, il progetto abbandonato sul bordo. In cui poter dire, finalmente: io, nel frattempo, sparisco.

Un romanzo che lascia dolorosamente e felicemente inquieti, come la libertà.

 

Loredana Gaudio

 

Configurazione Tundra, Elena Giorgiana Mirabelli, Edizioni Tunue, 2020


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