Van Gogh, guerriero del colore

Van Gogh, guerriero del colore

Nel suo ultimo romanzo (I colori delle stelle, uscito nel 2018 per Solferino, arrivato alla terza edizione, con una edizione tascabile in arrivo per settembre) aveva raccontato «l’avventura di van Gogh e Gauguin» ovvero i due mesi che Vincent (van Gogh) e Paul (Gauguin) avevano vissuto insieme nella Casa Gialla, ad Arles, dal 23 ottobre al 23 dicembre 1888, «tra i momenti più intensi e decisivi dell’intera storia dell’arte». Nel prossimo (Canto di un pittore nei campi di grano, in uscita anch’esso per settembre ancora per Solferino) racconterà invece «in prima persona» gli ultimi 70 giorni di vita di van Gogh a Auvers-sur-Oise, a nord di Parigi.

Per Marco Goldin, Vincent van Gogh (1853-1890), l’artista capace con la sua Notte stellata di rubare spettatori nelle stanze del MoMA di New York a un capolavoro come Les Demoiselles d’Avignon di Picasso, è una bellissima ossessione. Che accompagna Goldin (Treviso, 1961) sin dagli esordi della sua Linea d’Ombra, la società che ha fatto della organizzazione-realizzazione di mostre intese come «racconto d’arte e di persone» la cifra del proprio successo (11 i milioni di visitatori finora conquistati «che piaccia o no») e che nel 2021 festeggerà i suoi primi 25 anni di attività. Un’ossessione simile a quella di Helene Kröller-Müller (1869-1939), tra i primi collezionisti ad aver riconosciuto il genio di van Gogh, fondatrice con il marito Anton del Museo Kröller-Müller a Otterlo, piccolo villaggio di duemila abitanti dei Paesi Bassi, nella provincia della Gheldria.

Dunque non a caso Goldin ha scelto il Kröller-Müller Museum con la sua seconda collezione al mondo per importanza e numero di opere di van Gogh (oltre 300) per presentare la sua mostra Van Gogh. I colori della vita in programma dal 10 ottobre all’11 aprile a Padova, al Centro San Gaetano. Mostra che riceverà dal Kröller-Müller, sfruttando un periodo di calma nel flusso dei visitatori, una settantina di opere di van Gogh («i suoi — ha spiegato Goldin — sono dipinti fragilissimi, perché realizzati spesso con materiali scadenti, e molti ormai non possono essere più spostati»). E che rientra nel progetto Padova.

La meraviglia del colore messo a punto dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova (come ha spiegato il sindaco Sergio Giordani) e da Linea d’ombra, in un rapporto di collaborazione destinato a svilupparsi tra il 2020 e il 2022 (main sponsor il Gruppo Baccini). Mostra e progetto («il più grande mai dedicato a van Gogh in Italia») che avranno come quadro simbolo quell’Autoritratto con cappello di feltro grigio (1887) icona del Van Gogh Museum di Amsterdam.Ideata e curata da Marco Goldin, Van Gogh. I colori della vita (la sesta mostra dedicata da Goldin all’artista) proporrà 125 opere in totale di cui oltre 80 (tra dipinti e disegni) solo di van Gogh più una quarantina di opere di autori «che hanno intrecciato il loro cammino con quello di Vincent». A volte direttamente: Seurat, Pissarro, Signac, Bernard e il Gauguin dell’Arlesiane e della Visione del sermone.

A volte indirettamente: Delacroix, Courbet, Millet, i giapponesi Hirishige e Kanisada, Francis Bacon. Proprio a un quadro di Bacon toccherà il compito di aprire la mostra, da solo nella prima sala. Non si tratta di un quadro qualsiasi: fa parte di una serie, Studi per un ritratto di Van Gogh, realizzata tra il 1956 e il 1957, scaturita dall’immagine di un quadro di van Gogh distrutto durante la Seconda guerra mondiale, nel corso di un bombardamento alleato su Magdeburgo. Era la figura dello stesso pittore che, davanti ai campi di grano ad Arles, tornava dal lavoro quotidiano nel sole. «Bacon amava tantissimo van Gogh e lo ha dipinto come chi parte e non è mai partito, come chi viaggia ancora dopo avere a lungo viaggiato, come un eroe, come colui che annuncia il futuro pur nell’apparente fallimento. E che si carica il mondo sulle spalle».

Van Gogh come un eroe è una delle ossessioni ricorrenti di Goldin: «Il viaggio di questo pittore è il viaggio dell’eroe. Il pittore come eroe. Colui che ha una missione da compiere e a essa tutto sacrifica. Vorrei che questa mostra parlasse del pittore come eroe, e lo facesse vedere attraverso le opere. Lo dicesse anche con le parole. Le parole di una lingua semplice. E naturale». E la mostra torna più volte su questa idea di un eroe moderno che anticipa il futuro, di un pittore abitato dal dubbio ma sempre in cammino.

Cinque sezioni (Il pittore come eroe, Gli anni della formazione. Dalla miniera di Marcasse all’Aia, Da Nuenen a Parigi. Un colore che cambia, Un anno decisivo. 1888, Di lume e nuvole. Van Gogh e la fine del viaggio) e sette approfondimenti tematici per una mostra che, come ha più volte ribadito Goldin, «non ha nulla di generico e non vuole essere una sfilata di quadri sia pure notissimi» come la Contadina che raccoglie patate (1885), i Mietitori (1888), il Ritratto di Armand Roulin (1888), Il seminatore (1888), il Campo di grano in un paesaggio montuoso (1889), la versione dell’Arlesiana (1890) in arrivo, unico dipinto italiano, dalla Gnam di Roma.

«Questa è la mostra più innovativa che ho dedicato a van Gogh - spiega Goldin -. Ho voluto creare un romanzo, o meglio tanti romanzi per far conoscere anche momenti meno noti come il suo periodo trascorso da predicatore laico tra i minatori o come quel litigio con Gauguin davanti al Courbet del museo di Montepellier che li avrebbe lasciati (scrive van Gogh) “come pile scariche”». Perché, ad esempio, la scelta proprio di quell’anno, il 1888? «Perché - spiega Goldin - il 1888 è realmente un anno fondamentale nella pur breve vicenda dell’artista olandese, poiché maturano, nella concretezza e nella bellezza dell’opera, molte riflessioni che lo avevano occupato nei due anni parigini. Dall’approfondimento del rapporto ideale con Millet, rivisto però alla luce del Sud, fino alla predilezione verso l’arte giapponese, anch’essa corroborata da una nuova intensità del colore».

La mostra di Padova potrà contare su un allestimento suggestivo giocato su grandi pareti di oltre cinque metri su cui saranno proiettati docufilm realizzati da Fabio Massimo Iaquone e Luca Attili con la musica di Remo Anzovino. E su una fitta serie di eventi collaterali. Cominciando da Certi lunedì con van Gogh, un corso di quattro lezioni sull’artista tenute da Goldin (i posti sono già esauriti) in programma dal 29 gennaio al 23 marzo. E poi conferenze, concerti (Alice canta Battiato, Vinicio Capossela, Simone Cristicchi, Angelo Branduardi), mostre di artisti contemporanei (Andrea Martinelli, Matteo Massagrande, Laura Barbarini, Cetty Previtera, Laura Villani, Attilio Forgioli, Claudio Verna, Piero Vignozzi, Franco Sarnari, Giuseppe Puglisi, Piero Zuccaro) che si cimentano sui temi cari a van Gogh.

La sezione finale della mostra, presentando tutti insieme dieci veri capolavori pieni di luci e colori nuovi come I pini nel giardino dell’ospedale del 1889 o il Covone sotto un cielo nuvoloso del 1890, dà conto dell’ultimo, straordinario anno della vita di van Gogh, trascorso quasi per intero nella casa di cura per malattie mentali di Saint-Remy, in Provenza. Prima delle settimane finali a Auvers-sur-Oise, poco a nord di Parigi. Il vedere di van Gogh «diventa un vedere totale, che non lascia alcuna zona non scandagliata, non coperta dalla sua brama di conoscere e scardinare il senso e la forma del mondo».

In quel momento van Gogh scopre di amare ancora la luce e il cielo. Logico preludio al secondo appuntamento del Progetto Padova: la mostra Storia dei cieli. Da Canaletto a Monet. L’incanto dell’azzurro e altri colori dai vedutisti agli impressionisti. Un’ottantina di opere che saranno esposte dal 30 ottobre 2021 al primo maggio 2022 sempre al Centro San Gaetano. Opere che guardano alla Padova (candidata italiana Unesco per il 2020) del cielo stellato dipinto da Giotto per la Cappella degli Scrovegni e degli studi di Galileo sul cannocchiale.

 

 


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