Continuando a... FAR FINTA DI ESSERE SANI - Tributo a Giorgio Gaber - L'ultimo intellettuale collettivo

Continuando a... FAR FINTA DI ESSERE SANI - Tributo a Giorgio Gaber - L'ultimo intellettuale collettivo

Cos'è, cosa dice, scrive e fa un intellettuale, in una stagione confusa come la nostra? E' uno che mentre gli altri sembrano fare i conti con le cose più spicciole guarda un po' più in la e un po' più dentro. Poi l'intellettuale, quello vero, lo distingui perché ama il pensiero ma ancora di più ama la realtà. Ed è li che diventa scomodo. Gaber era, e riesce ad essere ancora oggi, tutto questo e molto di più. Era al culmine della sua carriera di cantante ed entertainer di successo, conteso dai programmi tv in prima serata, quando aveva mollato tutto per il teatro, per l'impegno, per il sociale. Fino a diventare, in un'Italia mezza in rivolta e mezza in ritirata tra la gioia e l'idiozia degli anni settanta, la volgarità e il delirio degli Ottanta e il disincanto dei Novanta, con l'uomo medio (Signor G) impreparato e schiacciato dal nuovo americanizzato che avanzava, un intellettuale collettivo. Ovvero colui che, insieme a Sandro Luporini, ha sentito e cantato per molti suscitando emozioni e disappunti, esami di coscienza e commozioni, persino inni (... libertà è partecipazione).

In un'audace convivenza di forme, dal monologo alla canzone, fino alla pieces di prosa, la sua parola di volta in volta si è fatta sberleffo, richiamo, dileggio, emozione, disincanto, amarezza. Egli è stato e riesce ad essere ancora oggi, a seconda delle circostanze, la controfigura di ognuno di noi. Ha creduto in una generazione che voleva veramente e giustamente cambiare le cose (...Qualcuno era comunista... perché pensava di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri...), raccontando l'anima e il cuore di una generazione, e ha riconosciuto che gli effetti di quel cambiamento sono andati ben oltre e al di là degli ideali che li avevano ispirati (La mia generazione ha perso). Quella che ha perso, certo, ma che probabilmente se n'è andata con lo stesso sogno di allora.

La grandezza del suo pensiero sta nella inossidabile attualità della sua asciutta analisi politico-esistenziale, a volte anche complessa all'apparenza, ma che riesce facilmente a comunicare al pubblico con mite umorismo e simpatica ironia. Fino all'ultima sua canzone, pubblicata postuma alla scomparsa dell'artista avvenuta il primo gennaio 2003, "Io non mi sento italiano". Nel meridione d'Italia, meno frequentato dai suoi spettacoli, esiste una fascia di pubblico, quella di mezzo, ma anche di chi negli anni ottanta aveva 25 anni, che poco conosce la vera forza del suo pensiero. C'è ancora chi ricorda Gaber per le sue ballate, come quella del Cerutti Gino, le sue canzoni melodiche come Porta romana, Non arrossire, o quelle allegre del Riccardo, Barbera e champagne, Torpedo blu. Mentre, strano in apparenza, i giovanissimi avvezzi ai social network lo osannano in una scoperta sempre crescente, ancora a diciassette anni dalla sua scomparsa.

Basta andare su YouTube o su Fb. Ecco la sua attualità. Ancora oggi, a pensarci bene, in una società globalizzata che isola sempre più l'uomo, come persona, si sopravvive  facendo finta di essere normali, quindi sani. Richiamandoci al Gaber del 1972, di Libertà obbligatoria (1976), di Polli d'allevamento (1978) è l'uomo di sinistra che detesta le pose della sinistra di piazza, ma anche gli alambicchi della sinistra ufficiale. E' il rivoluzionario che mentre i rivoluzionari chiedono più libertà, diffida della troppa libertà. E' il cantante, l'attore che non smette di tenersi attaccato alla propria individualità, ma non sa smettere di subire il fascino della Storia. Lo dirà in una canzone memorabile, La strada, una risposta alla paura negli anni bui del terrorismo che però prelude al ripiegamento e alla delusione.

Quella che molti anni dopo lo porterà a cantare che oramai "Destra e Sinistra" sono uguali. E a tornare sempre di più all'io, all'indagine sui sentimenti e sui misteri delle emozioni umane. In mezzo ci sono altre prove straordinarie. Monologhi che valgono più di un saggio di storia, come "Qualcuno era comunista", e grandi prove d'attore, come ne "Il Grigio" (1989). Ed è qui che forse raggiunge il punto più alto della sua vita d'artista. Il Gaber che cantava quindici anni prima Libertà è partecipazione, ora si chiede come si può amare senza retorica, "Dopo l'amore", come si può trasformare l'amore in qualcosa che "Non sia una farfalla che si posa di fiore in fiore", ma diventi davvero "Terra, materia..., cosa!".

Per celebrare l'artista abbiamo pensato di proporre una particolare "lettura" del Gaber autore e attore, unica in Calabria e nel meridione d'Italia, che oggettivamente potesse dare la giusta presentazione a chi ne conosce in parte il pensiero, e la giusta soddisfazione a chi invece non ha mai smesso di seguirlo fino alla sua scomparsa. Dopo un lungo lavoro di ricerca sui suoi oltre trecento testi, distribuiti negli oltre 25 spettacoli presentati in teatro dal '71 al 2001, in un percorso politico -esistenziale, ma senza trascurare un richiamo agli anni '60 e '70, abbiamo sviluppato un programma che, in un discorso senza soluzione di continuità con il pubblico, presenta dieci monologhi e dieci canzoni, ed un remix di vecchi brani.

Si seguirà il canone del "teatro dell'attore", con l'ausilio di una cantante e di una ensemble di musicisti che accompagnerà con musiche dal vivo l'attore-Gaber durante tutto il percorso. Il calore del pubblico e il favore della critica che accompagnano lo spettacolo in ogni appuntamento ci gratificano e ci consentono di poterlo proporre alla città in cui è nata l'idea e si è sviluppata. Quindi con orgoglio lo proponiamo come ulteriore esempio della ricerca culturale che Tolda ’86 e Rino Amato portano avanti dal 2001.

RINO AMATO

Giornalista, attore e regista teatrale. Nasce a Cosenza nel dicembre del 1948. Motivi di studio e di lavoro lo portano a soggiornare a Roma, Salerno, Macerata e Napoli. Dopo aver frequentato prestigiosi laboratori, partendo da quello maceratese diretto da Ave Ninchi e Giulio Marchetti nel 1964, e aver acquisito esperienza nel teatro universitario a Napoli, si dedica allo studio approfondito della Commedia dell’Arte e il teatro napoletano antico divenendone apprezzato conoscitore ed interprete. Nel 1986 apre a Paola (CS) il suo primo laboratorio teatrale, il “Gruppo della Tolda” con il quale mette in scena lavori di Pirandello, De Filippo, Pinter, Di Giacomo, Fò e Wilder. Organizza importanti convegni sulle Maschere Calabresi in Commedia e sul falso mito della calabresità di Giangurgolo.

Tante e importanti le esperienze come attore, regista, direttore artistico e autore di testi. Rientrato a Cosenza nel ’97, fonda nel 2001 “Tolda ‘86” teatromusica” accrescendo l’intensa collaborazione con i più accreditati musicisti cosentini che continuano ad accompagnarlo nei suoi numerosi recitals e allestimenti teatrali apprezzati dal pubblico per eleganza e ricerca culturale. Tra gli ultimi lavori, dopo l’interessante fase pirandelliana, lo spettacolo “Canti e Cunti Napolitani” che riporta alle origini della letteratura poetica e musicale del teatro napoletano antico e al recupero del racconto barocco seicentesco di G. B. Basile fino a quello moderno di Eduardo De Filippo, passando per quello fantastico di Salvatore Di Giacomo.

Attualmente impegnato nella nuova versione di “Far finta di essere sani”, il suo tributo al teatro canzone di Giorgio Gaber, già presentato con successo sin dal 2004. Nel Cinema, nel 2016, è co-protagonista nel film “Io resto qua” del regista Gianluca Sia. Co-fondatore della rassegna di teatro e musica “Sere d’Estate a Villa Rendano” dal 2016 al 2018 ne è stato il Direttore Artistico. Come giornalista, oltre a collaborare con periodici nazionali d’arte e spettacolo, esplica la sua attività come pubblicista e opinionista sulla stampa regionale e come autore e conduttore televisivo di talk-show culturali e d’intrattenimento. Sue le trasmissioni S.A.C.S. Storia, Arte, Costume e Società; SHAMPOO; Detto tra noi al SACS Cafè. Nel 2012 ottiene il riconoscimento della Commissione Cultura della Città di Cosenza per i suoi meriti artistici e di diffusione culturale. Ha al suo attivo tre pubblicazioni: il testo teatrale “Rosso cardinale, due atti” (2000), “Cosentini in Bianco e Nero” (2005) e “Cosentini in Bianco e Nero 2” (2008).

 


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